Interviste

Intervista a Giordano Spoltore, operaio FCA-Sevel, attivista dello Slai-Cobas e del Fronte di lotta No austerity

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Buongiorno Giordano, ormai da diversi anni la Fiat è diventata FCA, come hanno vissuto i lavoratori questa trasformazione e quanto è cambiata la qualità del lavoro in questo passaggio?

La fusione avvenuta nel 2014, come per altri processi industriali analoghi, si è rivelata funzionale per Fiat alla riduzione del debito e per acquisire possibilità di competitività sui mercati internazionali, mentre per gli operai le condizioni di lavoro ed economiche sono peggiorate a vantaggio esclusivo degli azionisti.

Dopo la fusione di Fiat con Chrysler, che ha lasciato sul campo lacrime e sangue di migliaia di lavoratori in Italia e negli Stati Uniti, ora FCA si appresta a un ulteriore allargamento dell’azienda attraverso la fusione con Peugeot, a vostro avviso questa operazione cosa potrebbe comportare per i lavoratori?

La sovrapproduzione di veicoli e la progressiva domanda di versioni ibride o full-electric hanno spinto le multinazionali italo-americana e francese ad accelerare il processo di fusione tra concorrenti del settore rinviato negli anni scorsi. Sia per FCA che per PSA si tratterebbe dell’ennesima fusione nel giro di breve periodo, finalizzata allo scambio di tecnologie e nuove aree geografiche di vendita. Tale processo economico-finanziario denota una prevalenza francese nella possibile futura gestione nel consiglio amministrativo con ricadute occupazionali incerte in Europa ed in Italia in particolare.

L’emergenza sanitaria da covid 19 come è stata gestita all’interno dell’azienda? come lavoratori siete soddisfatti delle misure di sicurezza previste dagli accordi tra Confindustria, governo e le direzioni di Cgil, Cisl e Uil?

Il protocollo del 14 marzo ed il successivo accordo del 9 aprile tra confederali ed FCA si sono rivelati funzionali alla ripartenza anticipata e spettacolarizzata di alcuni dei siti con maggiore richiesta , quali Atessa per i veicoli commerciali leggeri e Melfi per la Jeep Compass. Le indicazioni comportamentali igienico-sanitarie e l’obbligo di indossare mascherine chirurgiche hanno permesso di scaricare responsabilità aziendali sui lavoratori ed evitato l’aggiornamento dei rischi di numerose postazioni lavorative nonostante l’aumento dei carichi derivanti da riduzione delle saturazioni, per parziale diminuzione dei volumi quotidiani.

La pandemia ha colpito in maniera pesante il settore produttivo automobilistico, quanto pensate che questo inciderà nei piani industriali dei prossimi anni? Ritenete che ci sia un rischio esuberi e come intendete affrontarlo sindacalmente?

L’emergenza sanitaria ha aggravato la situazione della maggioranza degli stabilimenti italiani poiché, nonostante il susseguirsi di piani industriali, non ha mai raggiunto, a distanza di decenni, i livelli occupazionali precedenti, costringendo ancora migliaia di lavoratori a sopravvivere con gli ammortizzatori sociali a causa della scarsità e del ritardo negli investimenti per la realizzazione di modelli con motorizzazioni alternative.

Quali sono le altre lotte che state portando avanti dentro gli stabilimenti?

Le lotte riguardano la riduzione dell’orario di lavoro ed il riconoscimento dei diritti, in primis quello della rappresentanza sindacale, fondamentale per la reale e democratica partecipazione dei lavoratori nelle fabbriche.

Fiat, poi FCA, ha da sempre tenuto in pugno le rivendicazioni degli operai attraverso un forte clima repressivo che in molte occasioni ha colpito gli attivisti più combattivi, qual è la situazione attuale sul fronte della repressione?

Le modalità repressive e ritorsive più diffuse continuano ad essere gli spostamenti di officina e/o postazioni, le contestazioni disciplinari e la negazione di permessi.

Da alcuni anni Fiat FCA non fa più parte di Confindustria, pensi che questo abbia comportato una qualche differenza per i lavoratori? Qual è attualmente il rapporto tra azienda e sindacati confederali maggioritari e quale ruolo hanno questi nelle vertenze attuali?

L’ex FIAT aveva deciso sin dal 2010 nello stabilimento di Pomigliano di fuoriuscire dall’associazione padronale di rappresentanza per poter introdurre unilateralmente (poi dal 2012 in tutte le fabbriche italiane) un contratto di lavoro specifico funzionale all’esclusione dalla rappresentanza sindacale le organizzazioni conflittuali ed un nuovo sistema di rilevazione dei tempi e carichi di lavoro denominato Ergo-Uas. I firmatari FIM-UILM-FISMIC-UGL-ACQ con l’accettazione delle clausole contrattuali di responsabilità e partecipazione hanno rinunciato a difendere le condizioni lavorative ed economiche in cambio della progressiva cogestione privatistica dei servizi pensionistici e sanitari quali il fondo Cometa e Fasif.

Qual è il tuo giudizio sul contratto collettivo nazionale di settore e come pensi che andrebbe modificato?

L’introduzione del ccsl nella maggiore azienda manifatturiera presente nel nostro Paese è sempre stata da noi avversata ed ora gli effetti negativi sulle condizioni lavorative ed economiche sono ancora più evidenti, pertanto ne riteniamo fondamentale la cancellazione per il ripristino del fondamentale diritto di rappresentanza sindacale e la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.