Internazionale

Dopo 26 anni di dittatura, sostegno alle masse popolari bielorusse

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Dopo 26 anni di dittatura ed un’ennesima farsa elettorale, la sera di domenica 9 agosto il popolo bielorusso è sceso in massa nelle strade in modo spontaneo dopo l’annuncio dei risultati delle votazioni che annunciavano la ri-elezione del dittatore  Alexandre Loukachenko con l’80% dei voti contro il 10% della sua principale oppositrice.

Questo paese di quasi 10 milioni di abitanti, indipendente dal 1991, non ha mai avuto elezioni libere, l’opposizione politica è da sempre stata repressa sistematicamente con la violenza. Amnesty International  segnala continue violazioni dei diritti dell’uomo: giornalisti ed oppositori arrestati, pena di morte ancora in vigore, corruzione e favoritismi per la cerchia del dittatore.

Per la prima volta in 26 anni e dopo l’arresto o l’esilio dei tre principali oppositori al dittatore  Loukachenko, tre donne hanno deciso di unirsi con un programma comune: l’organizzazione di elezioni libere e la liberazione degli oppositori/trici politici.

Prima delle elezioni, gli incontri e i raduni dell’opposizione hanno subito regolarmente degli assalti dalle OMON – forze anti-sommossa – e di teppisti pagati dal governo bielorusso per creare disordini ed intimidire la popolazione.

Il giorno delle elezioni sono state riscontrate innumerevoli falsificazioni e irregolarità in tutto il paese da parte di ONG locali come  Viasna: non è stato possibile controllare il conteggio dei voti, uffici elettorali sono stati chiusi più presto, mentre elettori ed elettrici erano ancora in fila per votare, alcuni bollettini di voti sono spariti. La sera dei risultati il popolo bielorusso non ha accettato di essere umiliato ancora una volta.

Decine di migliaia di persone sono scese in piazza, sfidando le OMON e il potere in tutto il paese. Manifestazioni di un’ampiezza mai vista hanno messo in dubbio con ancora più evidenza la veridicità dei risultati ufficiali di queste elezioni.

Dal 9 agosto ogni giorno ci sono manifestazioni di massa, represse duramente: sono stati uccisi almeno due manifestanti; si contano più di settemila arresti arbitrari; testimoni riferiscono sempre maggiori violenze, pestaggi e umiliazioni da parte delle forze di sicurezza e la polizia ha giustificato l’uso delle armi da fuoco sulla folla.

Sono stati lanciati vari appelli spontanei allo sciopero generale, numerose fabbriche sono ormai in sciopero e il movimento sembra estendersi a macchia d’olio in tutto il paese.

Migliaia di operai delle principali fabbriche bielorusse hanno votato per lo sciopero, come nella fabbrica di macchine minerarie e industriali BELAZ, fiore all’occhiello dell’economia del paese.

Ormai macchinisti, personale ospedaliero, impiegati del settore informatico o chimico hanno smesso di lavorare.

I dipendenti di numerosi settori economici hanno lanciato degli ultimatum per le dimissioni del dittatore  e la liberazione dei prigionieri/e politici. Dipendenti del settore pubblico hanno dato le dimissioni. Ci sono state delle defezioni tra le fila della polizia e dell’esercito.

Ora più che mai dobbiamo essere solidali coi manifestanti in Bielorussia: oltre alle mani messe sulle risorse del paese dal dittatore Loukachenko e dalla sua cerchia, la Bielorussia sta attraversando una forte crisi economica da molti mesi.

A questo si è aggiunta una gestione disastrosa della pandemia di COVID-19: oltre a negare la realtà della diffusione dell’epidemia nel paese, il dittatore Loukachenko consigliava alla sua popolazione di bere vodka per proteggersi dal virus, aumentando ancora di più la sfiducia dei bielorussi nei confronti del potere costituito.

Le organizzazioni che aderiscono alla Rete Sindacale Internazionale di Solidarietà e di Lotta sostengono lo sciopero generale in corso e le manifestazioni popolari spontanee che chiedono le dimissioni di Alexandre Loukachenko e l’indizione di elezioni libere. Condanniamo fermamente la brutale repressione svolta da un regime che non ha più altri modi per mantenere il potere ed esigiamo la liberazione di tutti/ i prionieri/e politici incarcerati.

Le organizzazioni che fanno parte della Rete Sindacale Internazionale di Solidarietà e di Lotta