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Intervista a Maura Arnaboldi ex lavoratrice Alitalia

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Intervistiamo Maura Arnaboldi, ex lavoratrice Alitalia in prima linea nella lotta contro il piano Ita Airways, compagna che abbiamo avuto il piacere di ospitare nella recente Conferenza del Fronte di Lotta No Austerity che si è svolta a Firenze.

Ciao Maura grazie della disponibilità e di nuovo benvenuta.

M – Grazie a voi del Flna per l’invito alla Conferenza di Firenze e per questo nuovo spazio concesso sulla vicenda Alitalia, vorrei raccontare la mia testimonianza, come ex lavoratrice Alitalia e attivista del comitato Tutti A Bordo, di quello che i padroni chiamano un “classico processo di ristrutturazione”, gestito scientemente per scaricare sulla pelle di migliaia di lavoratrici e lavoratori il peso di fallimenti industriali per nulla casuali.

Maura ci puoi fare un breve resoconto della vicenda Alitalia e del suo smantellamento?

M – La vertenza Alitalia è un esempio emblematico, un caso da manuale che andrebbe studiato come il più incredibile licenziamento di massa avvenuto di recente nel nostro Paese; esprime la volontà politica di abbandonare un bene collettivo, un servizio, un settore produttivo per assenza di progettualità, disegno industriale e scelta di Management inadeguati; sancisce poi la nascita di un rapporto di complicità fra i padroni e quella parte di sindacato assoldato per spegnere ogni focolaio di opposizione preparando il terreno ad ogni piccolo grande furto di diritti e salari. Nel 2017 in Alitalia comincia una nuova ondata di cassa integrazione a zero ore, selettiva, mirata a colpire solo alcuni settori lasciando agli altri l’illusione che “anche stavolta io me la cavo”. Un bancomat pubblico che anestetizza tutti, le attività vengono ridotte, il servizio si comprime, la stessa possibilità di rilancio viene definitivamente compromessa. Dopo la Pandemia il trasporto aereo riprende ovunque, ma nel nostro Paese quattro governi, dai colori e dalle sfumature più diverse, tutti ugualmente succubi degli interessi padronali transnazionali, lavorano nella stessa direzione: cancellare la compagnia di bandiera come bene pubblico al servizio di collettività e connettività e lasciare a casa migliaia di lavoratori e lavoratrici creando meno posti di lavoro, con salari più bassi, ricatti più forti, diritti compressi. Alitalia nel 2021 occupava 12000 dipendenti, già fra i meno pagati di tutte le compagnie concorrenti europee; oggi dalle sue ceneri, con 3 processi di selezione illegittimi, gestiti in maniera clientelare dalle principali direzioni sindacali, si sono formate e società.

Ci puoi parlare delle 3 nuove società nate dalle ceneri di Alitalia?

M – Sì certo, dalla distruzione di Alitalia sono state poi costituite 3 micro società:

ITA Airways, per la parte volo, con la metà degli aerei, poco più di 3000 dipendenti, contratti di ingresso tagliati del 40%, arretramento in tutti gli aspetti normativi; nessun piano industriale; un unico obiettivo, la svendita al più presto alla tedesca Lufthansa per una cifra irrisoria;

SWISSPORT Italia per i servizi di terra, 2700 dipendenti, centinaia assunti dopo mesi di contratto a termine rinnovabile sotto ricatto aziendal-sindacale, un CCNL di settore rinnovato dopo sette anni di ritardo senza nemmeno il recupero dell’inflazione su una piattaforma mai discussa in assemblea coi lavoratori.

ATITECH Fiumicino per le manutenzioni, con 940 dipendenti, nessun miglioramento salariale, la firma dopo soli pochi mesi di attività, di contratti di espansione per espellere nuovi lavoratori in cambio di altra cassa integrazione e pochissime nuove assunzioni.

Le ceneri di Alitalia, in ognuno di questi passaggi, hanno sepolto oltre 3500 lavoratori che dopo due anni, sono ancora oggi in cassaintegrazione, pagati perennemente in ritardo e con assegni sempre più bassi. Quasi tutti sono in causa contro Ita, per vedere riconosciuto in un tribunale il mantenimento del proprio posto di lavoro, con tutti i diritti conservati, così come garantito dalle leggi che tutelano i dipendenti che vivono il dramma dei passaggi delle attività da un’azienda all’altra. Ma sono in lotta anche contro tutto il sistema, fatto di interessi padronali, governi fantocci, sindacati asserviti.

Che ruolo hanno avuto le direzioni sindacali in tutta questa triste vicenda e come si sono organizzati i lavoratori e le lavoratrici in lotta?

M – Alitalia è sempre stata un’azienda fortemente sindacalizzata; oltre alle sigle confederali e alle associazioni di categoria che hanno sempre agito per dividere i lavoratori, preservando piccole sacche di diritti per le proprie strutture e i propri iscritti e frenando l’affermarsi di una vera consapevolezza di classe, ci sono anche i sindacati di base CUB e USB, sempre più attaccati e isolati da ogni possibilità di confronto. Se lo scempio di questi ultimi anni è stato possibile la responsabilità più grande va attribuita proprio al tradimento di una grossa parte sindacale. Non è un caso che, in piena vertenza, dal basso e in maniera assolutamente trasversale, è nata la spinta e l’energia di un comitato di lavoratori e lavoratrici, il Comitato Tutti A Bordo; si è formato nelle piazze e nei presidi, con parole d’ordine semplici ma universali per la difesa del posto di lavoro di tutti; ha cercato di superare non solo le ataviche divisioni interne, ma anche il limite di una visione ristretta che ha sempre impedito la condivisione con i percorsi di lotta più ampi in una società offesa e sfruttata dallo stesso sistema. Questa apertura ha creato le connessioni con gli operai GKN, gli studenti in occupazione contro il sistema dell’alternanza scuola lavoro, i disoccupati di Napoli in continua lotta per il riconoscimento di una esistenza e di un lavoro dignitoso. Il comitato Tutti A Bordo oggi, non possiamo negarcelo, vive una fase di stanchezza. Oltre due anni di lotta nelle piazze, nei tribunali, all’Interno dei meccanismi istituzionali dove ti costringono e ingabbiano con estenuanti tavoli di confronto senza alcuna prospettiva, hanno evidentemente fiaccato la resistenza. E’ un processo naturale, i padroni lo sanno molto bene. Nelle ristrutturazioni aziendali tre fattori sono fondamentali per i padroni: il tempo che va fatto passare, diluendo al massimo rabbia, lotta, volontà di reazione; la capacità di dividere i lavoratori, isolando di volta in volta chi va colpito e lasciato indietro; la complicità coi sindacati main stream, assolutamente necessaria per placare le istanze e incanalare le intenzioni di lotta dei lavoratori.

Come vorreste rilanciare la lotta anche di fronte alla recente procedura di licenziamenti aperta dai Commissari di Alitalia in a.s.?

MPer rispondere a questa domanda riporto un passaggio del comunicato che abbiamo pubblicato alcuni giorni fa sulle pagine social del Comitato Tutti A Bordo:

Oggi abbiamo il dovere di zittire le ennesime false promesse e tornare unici protagonisti per difendere in prima persona i nostri diritti. Altro che scegliere se andare, da subito e volontariamente in Naspi o proseguire fino ad ottobre 2024 nel bacino della cassa integrazione, ultimo gradino di una caduta senza più speranza. Oggi dobbiamo guardare al disastro di cui siamo le uniche vittime incolpevoli per rivendicare con forza il lavoro scippato e la necessità di un vero rilancio della nostra Compagnia di bandiera. Rappresentiamo l’esempio di come il Paese sia sempre più bloccato e impoverito da processi di deindustrializzazione che, dopo di noi, stanno colpendo e continueranno a colpire altre categorie e altri settori.Per questo non possiamo fermarci, proprio ora. Uniamo le nostre forze per rivendicare un esito diverso da quello a cui ci vogliono condannare, per una vera nazionalizzazione della compagnia di bandiera unica, in cui siano i lavoratori e le lavoratrici a decidere del proprio futuro e non i governi e le direzioni sindacali prone al volere del capitale. Per raggiungere questo grande obiettivo non possiamo rimanere isolati, ma come abbiamo già fatto altre volte durante i periodi più caldi della nostra vertenza, dobbiamo connetterci con le altre lotte che, in giro per il Paese, combattono licenziamenti, precariato, sfruttamento, oppressione.

Continuiamo a portare avanti la lotta!